Light from infinity   Home page di  Fulvio Mete

 

                         

 

 

                                                                            

                          

                     

     Un C 14 da Roma: un'idea strana,o una possibilità?

                        

 

 

 

 

      Da tempo accarezzavo l'idea di acquistare un Celestron 14, qualche anno fa il punto di arrivo dell'astrofilo evoluto, il massimo cui si poteva aspirare.Una pubblicità della Celestron degli anni 80 affermava che tale strumento era il più grande ancora trasportabile da una sola persona.Uno strumento di 360 mm di apertura e quasi 4 metri di focale  è in effetti uno strumento completo e definitivo, solo un dubbio mi assillava: ma che succederà se lo uso da casa mia  a Roma? ci vuol poco a capire, infatti che una simile apertura, oltre a raccogliere una enorme quantità di luce stellare raccoglie allo stesso modo anche l'inquinamento luminoso, del quale la città di Roma ha un triste primato in Italia, e la turbolenza.Del resto, lo avrei utilizzato per effettuare lavori che richiedono una sistematicità e continuità incompatibili con l'uso da postazioni esterne , quale quella che saltuariamente uso in Ciociaria , a 90 Km da Roma , a 950 mt sul livello del mare,primo tra questi la spettroscopia stellare e la ripresa CCD multibanda.L'incertezza fu superata allorquando lessi un annuncio di vendita di un C14 XLT da parte di una amico astrofilo,ad un prezzo onesto ed allettante: lo strumento era praticamente nuovo (2005) ed era un Fastar XLT : il top di gamma.A sentire la pubblicità della Celestron (sulla quale in verità ero piuttosto scettico) il trattamento XLT valeva il 10% circa di luce in più, per cui un 360 mm diventava un 396 mm (in pratica un 40 cm) dal punto di vista della raccolta di luce.Lasciai perdere ogni dubbio e lo acquistai, pur mettendo in conto che mi sarei imbarcato in un'avventura, per due semplici motivi: che avrei dovuto creare sul mio balcone una postazione fissa, e che, perlomeno all'inizio, avrei dovuto provare a far funzionare per riprese CCD il mostruoso aggeggio di 22 Kg e 41 x 750 mm sulla povera Losmandy, della quale già sentivo le imprecazioni ed i lamenti.Già dal ritiro dello strumento nel suo imballo originale mi resi conto che l'impresa in cui mi ero avventurato era piuttosto hard: farlo entrare in macchina fu difficile, e altrettanto difficile trasportarlo dentro casa.Dopo qualche giorno di indecisione, mi convinsi a provarlo sulla mia Losmandy G11 ed a fare qualche immagine di prova: i risultati furono appena accettabili, ma mi resi conto di 3 fattori positivi: 1)che la montatura reggeva il mostro 2) che permetteva anche pose CCD di modesta durata senza inseguimento 3) che con soli 5 secondi di posa in binning 1 x 1 con la Starlight MX 716 la quantità di stelle visibili era impressionante per la focale coperta, tutto ciò in mancanza di uno stazionamento preciso della montatura e degli accorgimenti che avrei poi preso in seguito (Fig 1).

 

                                       

                                                                                            Fig 1

   Lo strumento  appariva ben fatto, con due maniglie laterali che sono molto utili per il sollevamento.Ciònonostante mi è sembrato necessario aggiungere una barra sulla sommità del tubo, fatta con sistemi casarecci, ma che si è rivelata poi di assoluta utilità per il sollevamento del tubo e la sua collocazione sulla piastra Losmandy: tale operazione va a mio avviso comunque effettuata da due persone, una che solleva il tubo, e l'altra che innesta la slitta a coda di rondine nella piastra e poi la blocca.Volerlo fare da solo può essere pericoloso, per il semplice motivo che l'ingombro non consente di vedere il punto di innesto della slitta nella piastra madre della montatura, e ciò a prescindere dalla difficoltà, per una persona di doti fisiche medie, di tenere un peso di 22 Kg in perfetto equilibrio.Un'altra caratteristica che mi  è piaciuta molto, ma che è un optional, è il sistema di scorrimento della cella dello specchio durante la focheggiatura, che avviene su tre assi a 120° ancorati alla parte posteriore del tubo :uno è l'asse della messa a fuoco, e gli altri due sono costituiti da aste di acciaio fissate alla cella che scorrono in due boccole ricavate nella parte posteriore del tubo (Fig 2), tale sistema ha il pregio di impedire da un lato possibili scollimazioni per il cd. "mirror flop" e dall'altro, di poter fissare la messa a fuoco con il serraggio di due viti che bloccano le due aste di  scorrimento..L'asta di messa a fuoco in ottone è coperta, nella sua parte terminale esterna da un pomello in ....gomma dura.All'inizio ho sacramentato su tale soluzione, dato che talvolta , invece che girare l'astina di messa a fuoco...gira il pomello, e l'ho bollata come stupida e poco funzionale, sino al momento in cui (com'era del resto inevitabile) non ho , per distrazione, focheggiato con le astine bloccate, e tale soluzione, per caso o volutamente, mi è sembrata molto meno inutile di prima, dato che ha agito da semplice frizione, ruotando essa stessa anzichè far ruotare l'asta bloccata, col pericolo di rotture dei componenti.

 

                                

                                                                                                   Fig 2

  Il sistema di scorrimento della cella sulle aste di acciaio si è quindi effettivamente dimostrato un accessorio utilissimo se non indispensabile , ed è prodotto dalla ditta americana Ironwood Observatories col nome di "C 14 flop stoppers": tale nome è , a mio avviso, più che giustificato in quanto mi consta personalmente che , una volta serrate le viti di fissaggio delle aste di acciaio, lo specchio del C14 diviene fermo al punto che in più serate osservative, mantenendo lo stesso setup, non ho avuto alcun bisogno di rifocheggiare, ben diversamente dal C11 che purtroppo spesso va fuori fuoco semplicemente cambiando il puntamento.L' accessorio, che credo sia installabile, a richiesta, anche in fabbrica per chi acquista il nuovo, è commercializzato dalla ditta americana Oceanside Photo and Telescope (OPTCORP) al  prezzo molto conveniente di 189 $.Lo si trova al link : http://www.optcorp.com/product.aspx?pid=8248

 

 

       Quello che invece non mi è veramente piaciuto sono state due cose:

1- Il sistema di ancoraggio del tubo alla montatura con una slitta arancione a coda di rondine CGE che viene pubblicizzata come "compatibile Losmandy" ma che, perlomeno nell'esemplare in mio possesso, non è tale. Ciò perchè (l'ho scoperto dopo aver posto per la prima volta il tubo sulla montatura)  era 73,5 mm in larghezza contro i 75 mm dell'originale Losmandy.Allorquando ho visto il tubo scendere di qualche cm vistosamente senza che l'avessi toccato, mi sono posto il problema, notando che il serraggio nella piastra avveniva per soli 0.5 mm, e che quindi bastava che la slitta maschio presentasse in un punto delle disomogeneità di larghezza pari a tale valore perchè in quel punto il fermo non tenesse.Ho stabilito allora che la cosa più facile e meno costosa per rimediare al grave inconveniente fosse quello di modificare la piastra madre permettendo che la parte mobile di serraggio potesse entrare più in profondità .La modifica è stata effettuata semplicemente facendo fresare ulteriormente per una profondità di 1 mm e 1/2 l'ansa ricavata nella piastra Losmandy nella quale si va ad inserire il blocchetto di serraggio, in modo che questo possa entrare più in profondità per tale misura (Fig 3). 

 

                                             

                                                                                                 Fig 3

     

2- Il sistema di collimazione dello specchio secondario,che si effettua, nell'esemplare in mio possesso, con normali viti a croce (Fig 4): tale sistema è quanto di peggio abbia mai visto e non consente, a mio avviso, una collimazione veramente precisa, anche perchè la testa delle viti è abbastanza grande, e occorre un cacciavite piuttosto grosso per girarle, col rischio che possa cadere sulla lastra. Inoltre, tenuto conto che 1/10 di giro è sufficiente per cambiare la collimazione, il movimento del polso sul cacciavite non permette  in genere una sensibilità tale da poterla effettuare in modo veramente adeguato.Dopo numerosi tentativi, ed una serata persa, sono riuscito ad ottenere una collimazione dell'ottica al 90% circa. Mi sono allora procurato le fatidiche "Bob's Knobs" (le manopoline filettate che consentono l'uso diretto delle mani senza cacciaviti od altri arnesi) che monterò al più presto.

                                                            

                                                                                                           Fig 4

    Un altro problema che mi si è presentato per far funzionare al meglio il C14 per riprese digitali su una montatura sottodimensionata per il peso e la focale del tubo,come la G11, è stato quello del conseguimento di una perfetta equilibratura dei pesi allorquando si aggiungono al tubo, che si suppone ben equilibrato all'inizio, dei semplici accessori (camere CCD, oculari pesanti, slitte portafiltri, etc. Mi sono accorto infatti che squilibri anche di poche centinaia di grammi fanno immediatamente deteriorare le prestazioni CCD del sistema, e ciò sia per l'ascensione retta che per la declinazione.Ora, mentre il dosaggio dell'equilibrio dei pesi in AR avviene in modo relativamente facile, spostando in su o giù i contrappesi, quello in Declinazione  dovrebbe avvenire con lo spostamento del tubo ottico avanti ed indietro, e qui cominciano grossi problemi, in quanto:

     1- Un operazione che col C8 e col C11 è di routine, con un tubo del peso di 22 Kg e di 750/800 mm (ed oltre ,a seconda degli accessori montati) diventa problematica, perchè se si fa scivolare il tubo nella piastra "a caduta", il movimento è difficilmente controllabile, se lo si muove con le mani mantenendo l'asse  parallelo al terreno, si muove anche la montatura (nel caso non sia fissata al terreno).

      2- A questo si aggiunga che voler effettuare tale operazione di sera al buio, dopo aver   installato  altri accessori od una camera diversa, diventa un incubo.

       3 - In ogni caso un bilanciamento fine in declinazione appare quanto mai improbabile.

      Mi sono  quindi dovuto confrontare con la necessità di mettere dei contrappesi aggiuntivi sul tubo, ma metterli sopra di questo avrebbe alterato il baricentro del sistema richiedendo l'aggiunta di altri contrappesi sulla barra. Accolsi a quel punto come ottima l'idea dell'amico astrofilo Massimo D'Apice, di mettere un contrappeso scorrevole sulla stessa barra con cui si aggancia il tubo alla montatura, in modo che il peso aggiuntivo fosse il più possibile vicino al baricentro della montatura stessa.Infatti, come  si può osservare dalle foto, il tubo è posto sull'asse di declinazione   spostato in avanti (dato il peso predominante dello specchio) e quindi la slitta resta libera per circa 3/4 della sua lunghezza. Il peso,realizzato in ottone da 1 Kg, porta nella sua parte superiore una slitta a coda di rondine Losmandy femmina che si va ad inserire nella barra maschio che aggancia il tubo alla montatura, e reca al centro un foro filettato da 6 mm per una vite di blocco in plastica e  l'aggiunta, ove necessario,con una vite più lunga, di ulteriori pesi (Fig 5).In tal modo è finalmente possibile senza alcun problema il bilanciamento perfetto in declinazione sino a pochi grammi senza spostare il tubo.Ovviamente, ove lo si reputi necessario, il peso da 1 Kg può essere direttamente sostituito da uno da 2 Kg senza problemi.L'unica accortezza, (ma dalle mie prove ciò non appare un problema) è di non accostare troppo  il contrappeso al punto di innesto della slitta nella piastra della montatura in quanto ciò interferirebbe col movimento in declinazione.

 

                                                       

                                                                                                  Fig 5

    

     Lo strumento era ormai operativo, ma, date le dimensioni ed il peso,non era immaginabile di metterlo e toglierlo dalla montatura ad ogni serata osservativa così come facevo col C11.Si imponeva quindi una sorta di postazione fissa, tenendo conto del poco spazio a disposizione sul mio terrazzino.Si trattava di concepire un sistema di protezione dello strumento che fosse poco ingombrante , facilmente amovibile, e agevolmente realizzabile in proprio.Pensai allora ad una struttura in legno coperta da quei teli fatti di plastica esterna e tessuto interno che vengono usati per la copertura dei tavoli: sono molto resistenti, totalmente impermeabili e contemporaneamente isolanti per effetto della stoffa interna, inoltre sono di facilissima reperibilità presso negozi e e mercatini, a metraggio.Detto fatto, assemblai la struttura in legno sulla quale applicai la tela plasticata con la graffettatrice su tre lati, mentre sul quarto la tela fu ancorata alla sommità, lasciandola libera a mò di tenda, in modo di poter far entrare la copertura sullo strumento.Alla base della struttura furono fissate delle ruote mobili in modo da permettere un facile spostamento (Fig. 6).L'apertura frontale viene chiusa a mò di tenda e fissata con del velcro alla struttura in legno.Il sistema  è più che sufficiente per proteggere lo strumento dalla pioggia e dalle intemperie lasciando alcune fessure per l'aereazione, a patto che il tubo e la montatura vengano comunque coperti con un robusto telo di plastica.

 

                                                                

                                                                                                        Fig 6

 

       Fin qui per quanto riguarda la meccanica e gli accessori: relativamente all'ottica devo dire che,  dopo averla acquistata  perfettamente collimata, ho commesso una volta  l'errore di toglierla dalla montatura  senza aver preventivamente stretto le viti di blocco  delle aste di acciaio che controllano lo scorrimento dello specchio, e quindi dello specchio stesso.Ciò ha causato una evidente scollimazione, alla quale ho riparato spendendo in pratica una serata, come ho detto poc'anzi.La qualità dell'ottica mi è sembrata buona, nella fascia medio-alta, della Celestron, tenuto conto del diametro.Relativamente al trattamento XLT, devo ammettere, dopo qualche perplessità iniziale, che effettivamente produce un considerevole aumento della luce raccolta,anche se non ho potuto valutare in che misura. Il 11,5% in più pubblicizzato dalla Celestron rispetto allo Starbright (83,5 contro il 72% di trasmissione media del sistema della luce in arrivo) mi sembra tuttavia plausibile.La lastra, vista di fronte , appare totalmente trasparente ed il secondario sembra essere sospeso nel vuoto, con visione laterale assume invece una colorazione blu-violacea.Un altro particolare che mi ha soddisfatto, è stato il trattamento di opacizzazione del paraluce interno, finalmente fatto a dovere con una vernice crespata nera opaca, veramente ottima, tanto che non ho avvertito la necessità di aggiungere del vellutino nero all'interno dello stesso, cosa che normalmente faccio negli SC per migliorare la protezione dai riflessi.

 

     Sul piano operativo, non appena ho potuto provare lo strumento , mi ha stupito, come ho detto, la sua capacità di raccogliere  luce.Anche se mi attendevo una simile caratteristica da un apertura di 36 cm, devo dire che la realtà è andata oltre le mie aspettative:il C14 XLT è un vero e proprio pozzo di luce, e , notazione ancora più interessante,tale capacità si estende dall'UV all'IR vicino, rendendo lo strumento un potente mezzo d'indagine scientifica.Parla da sè l'immagine grezza della nebulosa M27 (Fig 7) ripresa il 13 luglio 2007 da Roma, con la somma di 3 frame da 20 sec, pari a circa 50 sec di integrazione continua:l'immagine, ottenuta con una camera Atik 16 HR, è è stata corretta con dark frame e flat field,senza alcun tipo di elaborazione,  ed appare notevole per un cielo di mag 2- 2,5 circa.

 

                            

                                                                                                        Fig 7

     E' bene , a questo punto precisare che l'esperienza da me effettuata mi ha indotto a rinunciare all'autoguida(ma ciò non toglie che altri, di capacità superiori alle mie possano farlo), in quanto ho ritenuto più agevole, e , quel che mi interessava, fonte di risultati costanti, l'uso della tecnica della somma o media di immagini singole di breve durata, in genere non superiori a 30 sec per una focale di 2500 mm circa (il C14 è stato quasi sempre usato accoppiato ad un riduttore di focale Meade ad F 6,3).In particolare l'uso del tempo ridotto di 20 sec mi ha permesso di sfruttare e quindi sommare circa il 90% dei frames ripresi.20 secondi possono sembrare pochi, ma vi assicuro che con uno strumento del genere non lo sono.

        

      La curva di trasmissione spettrale del sistema telescopio col trattamento XLT mostrata sul sito Celestron, oltre a mostrare un picco di circa l'88% in media tra i 500 e i 600 nm, fa vedere un valore di ben il  70% a 400 nm, ai confini superiori dell'UV, e . cosa ancora più notevole, ben il 75% a 750 nm, all'inizio dell' IR con un andamento della curva molto più dolce rispetto a quello dell'estremità opposta, il che lascia presagire un trend di valori molto elevati nell'IR vicino sino ai 950 nm circa, e forse anche oltre.(Fig 8)

 

                                                               

                                                                                                        Fig 8

     

     Le considerazioni dianzi effettuate sono state confermate da riprese CCD  col C14, dalle quali è risultato che  la dimensione delle immagini stellari subisce una notevole riduzione per effetto dell'uso di un comune IR cut, e , per converso, l'inserimento di un filtro IR pass produce risultati che potrei definire entusiasmanti quanto a spessore, rumore contenuto e profondità delle immagini IR, anche da località cittadine.

     Le potenzialità nell'IR vicino dello strumento (compatibilmente con le caratteristiche  della camera usata) sono testimoniate dalla ripresa CCD di un oggetto , il residuo di supernova Cassiopea A, che, già molto difficile da cieli scuri, da Roma diventa quasi un sogno poco raggiungibile.Cassiopea A è il residuo di una supernova esplosa circa 300 anni fa; il materiale espulso a seguito dell'esplosione si espande riscaldandosi per l'urto con i gas circostanti.La bolla di materia, di forma sferica emette principalmente nel dominio X, IR e Radio.Nel visibile occorrono, come ho detto, cieli molto limpidi e scuri per staccare l'oggetto dal fondo cielo.Il mio tentativo di ripresa  è stato effettuato da Roma, per testare la possibilità di riprendere la nebulosa da cieli molto inquinati, d'estate, nell'IR vicino.Il tentativo ha avuto successo lo scorso luglio 2007 limitatamente alla parte più consistente dell'oggetto, col C14 portato a f 6.3 con un riduttore di focale Meade ed un filtro IR pass Astronomik da 750 nm. Non è stato possibile riprendere la parte più tenue, che appena si intravede.L'immagine , media di 88 frames da 20 secondi, pari a circa 25 min di integrazione continua è riportata nella figura in falsi colori, raffrontata a quelle ottenute dalla Two Microns All Sky Survey (2MASS) e dalla Survey DSS2 nell'IR (Fonte ESO).

    

     

                                                                                                Fig 9

 

   

Il Celestron 14, ed in genere gli Schmidt Cassegrain di apertura analoga, appare quindi uno strumento formidabile, usabile con soddisfazione anche da postazioni cittadine,  seppure con l'uso di filtri appropriati. La combinazione descritta C14 - Losmandy G11, pur non essendo quella ideale per riprese CCD, per le quali sono consigliabili montature di classe (e costo) superiori quali GM 2000 e Astrophysics 1200 appare comunque utile per chi  voglia iniziare a fare esperienza con telescopi di grande apertura ad un costo, tutto sommato, non da rovina economica.C'è da considerare, infatti, che gli Schmidt Cassegrain  da 14 ", sono rinvenibili sul mercato dell'usato a prezzi abbastanza convenienti,(tra i 4 e i 5000 €) come anche la ormai diffusissima Losmandy G11.Il prezzo di un tubo ottico analogo a quello  di cui ho parlato, in buono stato, si aggira sui 5.000 €, prezzo che, pur non essendo popolare, è comunque pari al costo di un rifrattore apocromatico  nuovo da 130 mm di apertura,(di prestazioni complessive sulle medie – lunghe focali enormemente inferiori), mentre il prezzo  di una Losmandy G11 di occasione si aggira sui 1500 €. In pratica con 6000- 6.500 € ci si può dotare di un setup invidiabile, che consente risultati di assoluto rilievo anche con camere di modeste prestazioni, come quella da me usata.